Opera non è soltanto un rapper, non è soltanto un artista, quanto piuttosto potremmo definirlo come un performer in tutto e per tutto. Per capire di cosa stiamo parlando dovrete ascoltare il suo ultimo album “L’arte prima”, fuori dall’1 ottobre per l’etichetta Strongvilla. “L’arte prima” è un disco manifesto di una percezione dell’arte, per l’appunto, nella sua idea più unica, rara, irriproducibile. Di che cosa stiamo parlando? Scopritelo nell’intervista che ci ha rilasciato l’autore qui sotto!

UGP: Ciao Opera benvenuto! Il primo ottobre pubblichi il tuo disco “L’arte prima” album manifesto delle arti nella loro riproducibilità tecnica, potremmo dire: ti va di dirci qualcosa in più?

Ciao, e grazie dello spazio! Certamente. Il titolo del disco è un chiaro appello rivolto al mondo dell’arte. È una dichiarazione forte e tale dev’essere. Lo scopo è quello di riportare l’attenzione di tutti sul perché facciamo arte nella sua semplice e naturale concezione. Oggi viviamo nella totale mercificazione dell’arte, nell’utilizzo dell’opera per accrescere l’ego di un artista. L’opera d’arte, lo strumento mediante il quale il processo creativo trova il suo scopo, dev’essere il centro del processo creativo, non lo strumento. Cerchiamo di concentrare la nostra attenzione sul bello, sulle emozioni che l’arte ci regala, sulla condivisione che ne scaturisce. Così nasce il pensiero dell’”Arte Prima” e del manifesto, che ne esprime le linee di pensiero organizzate in uno scritto, realizzato insieme a tutto il team di Strongvilla, che è la mia etichetta.

UGP: Insieme ad esso abbiamo potuto assaporare ancora di più la tua arte attraverso il video documentario “Manifesto dell’arte prima”: da cosa nasce quest’impostazione così singolare del tuo percorso artistico?

Il manifesto è nato da un’idea di Virgo (uno dei miei due produttori) che lasciandosi liberamente ispirare dal titolo del disco ha formulato un pensiero tanto antico quanto efficace, “perché facciamo arte?”. Abbiamo raccolto insieme i punti di vista di tutto il team in un manifesto e lo abbiamo stampato. Era il giusto strumento che desse “peso” ai nostri ideali e propulsione verso un obiettivo comune. Siamo tutti molto stanchi di questa rincorsa al risultato, al numero, come se fosse il motivo finale dell’atto creativo, vincere in qualche modo. Ma l’arte non è una gara. Vorrei precisare che il video è stato diretto da Edoardo Setti in un lavoro magistrale e che il manifesto è stato realizzato a mano dall’artigiano Francesco Testi tramite una tecnica di stampa manuale.

UGP: Ritornando all’idea dell’unicità artistica e della sua irriproducibilità, alla Benjamin insomma, credi che questo discorso nato nei confronti dell’arte plastica possa essere inerente anche alla musica?

Lo è eccome. Il problema è che al giorno d’oggi si preferisce creare “musica di plastica” decorandola con metalli preziosi. È proprio questo il concetto fondamentale che cerchiamo di pescare. Si dice che il mondo è bello perché è vario e poi facciamo sempre il contrario copiando chi è più bravo o capace di noi. Ma il percorso artistico è individuale e dev’essere originale. Noi non condanniamo i traguardi, le certificazioni, i virtuosismi, o semplicemente i guadagni. A patto che però questi non prendano il posto e l’attenzione che l’opera d’arte si merita. Quando l’artista scavalca la sua stessa opera posizionandosi al centro e lasciando in disparte il senso della sua stessa opera per dare spazio al suo ego o alle sue necessità personali sta commettendo un crimine filosofico.

UGP: Quanto la musica ai giorni d’oggi può essere ancora un canale rivoluzionario?

Stiamo parlando dell’unione fra parole e musica. E questa cosa è sopravvissuta a migliaia e migliaia di anni. Se non è questa una conferma della potenza del mezzo non so proprio quale altro mezzo sia più efficace. E non dico “più forte” apposta. Al giorno d’oggi la musica viene demonizzata, oltre che demonetizzata. La musica è lo specchio della società che viviamo, ma può anche diventare propulsore di un cambiamento. Di sicuro è uno dei pochi strumenti che parla ai più giovani e quindi conserva una grande responsabilità, perché “giovani = futuro”. Gli artisti hanno grandi responsabilità perché sono “ascoltati”, perciò si dovrebbe sfruttare questa posizione di prestigio per dare buoni consigli a chi ci ascolta.

UGP: Quale brano dell’album credi che rappresenti al meglio l’idea portata avanti in tutto il disco?

Direi “Gazza di Monet”. Oltre ad essere il singolo che anticipa il disco, è un brano che già dal titolo ti racconta molto di me e del filone che tutto l’album si porta dietro. C’è un rapporto parallelo che unisce l’album e il “Manifesto dell’Arte Prima”. Il disco è l’opera alla quale vengono applicate in modo concreto tutte le linee di pensiero espresse nel manifesto. Gazza di Monet non parla di arte in senso lato. Però ne segue tutti i canoni. Quello che voglio dire è che nella canzone emergono temi forti, e valori che al giorno d’oggi abbiamo perso, infatti il mezzo utilizzato è lo storytelling, la sensazione che si vuole trasmettere viene affiancata a “La gazza” di Claude Monet… facciamo anche un po’ di divulgazione mentre ci divertiamo!

UGP: Lasciaci svelandoci degli artisti che ti hanno ispirato nella stesura del disco!

Grazie dello spazio concesso! Ci provo con tre artisti: Ghemon, Massimo Troisi e Tarantino! Molto ambizioso ahah!

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